Le centrali nucleari americane e sovietiche avevano funzionato veramente così bene negli anni passati? Sembra proprio di no. Guardando la storia dell'elettronucleare, vediamo che gli incidenti risalgono praticamente al momento stesso della comparsa dei reattori.
Negli Stati Uniti
1951. Detroit. Incidente in un reattore di ricerca. Surriscaldamento delle materie fissili in seguito a un superamento della temperatura ammessa. Contaminazione dell'ambiente con gas radioattivi.
24 giugno 1959. Reattore sperimentale di potenza di Santa Susanna, California. Fusione di una parte degli elementi combustibili a causa di un'avaria del sistema di raffreddamento.
3 gennaio 1961. Esplosione di vapore di un reattore sperimentale delle Idaho Falls, Idaho. Tre morti.
5 ottobre 1966. Reattore Enrico Fermi, nei dintorni di Detroit. Parziale fusione del nocciolo dovuto ad un'avaria nel sistema di raffreddamento.
19 novembre 1971. Reattore di Ponticello, Minnesota. Circa 200.000 litri di acqua radioattiva strabordano da un'installazione di stoccaggio per riversarsi nel Mississippi.
28 marzo 1979. Centrale di Three Mile Island. Fusione del nocciolo in seguito la un calo di raffreddamento di uno dei reattori. Rilasci di gas radioattivi nell'atmosfera e di effluenti radioattivi nel Susquehanna River. Evacuazione della popolazione della zona circostante.
7 agosto 1979. Circa 1.000 persone ricevono una dose d'irradiamento sei volte superiore alle norme in seguito al rilascio di uranio fortemente arricchito dalla fabbrica di produzione di combustibile nucleare, in prossimità di Evring, Tennessee.
25 gennaio 1982. Reattore Ginna, presso Rochester. In seguito alla rottura di una conduttura del generatore di vapore, rilascio di vapore radioattivo nell'atmosfera.
30 gennaio 1982. Situazione d'emergenza in una centrale nucleare vicino alla città di Ontario, Sato di New York. Un incidente al sistema di raffreddamento del reattore favorisce un rilascio di materie radioattive nell'atmosfera.
28 febbraio 1985. Centrale Samer Plant. Lo stato critico è stato raggiunto prematuramente. Il reattore s'imballa.
19 maggio 1985. Centrale Indian Point 2, vicino a New York, appartenente lalla società Consolidared Edison. Un difetto alla valvola provoca la perdita di diverse centinaia di litri d'acqua radioattiva di cui una parte si rovescia fuori della centrale.
1986. Fabbrica di arricchimento dell'uranio di Webber Falls. Esplosione di un serbatoio di gas radioattivo. Un morto, otto feriti.
In Unione Sovietica
Settembre 1957. Incidente di un reattore presso Celiabinsk. Divergenza spontanea di scorie di combustibile e rilascio di una notevole quantità di materie radioattive. Il territorio circostante è contaminato. La zona colpita è delimitata con il filo spinato e circondata di canali di drenaggio. La popolazione è evacuata, la terra viene rivoltata, si da il colpo di grazia al bestiame per poi gettarlo nei carnai.
7 maggio 1976. Brutale escursione di criticità nel reattore ad acqua bollente di una centrale sita nei pressi della città di Melekesse. Rimangono colpiti da radiazioni un dosimetrista e un capo turno. Il reattore viene spento gettandovi sopra due sacchi di acido borico.
1964-1979. Durante questi quindici anni, frequenti distruzioni (surriscaldamento) degli assemblaggi di combustibile del nocciolo della prima unità della centrale di Bielojarsk. I lavori per la rimessa in esercizio del nocciolo si accompagnano all'irradiamento del personale.
7 gennaio 1974. Prima unità della centrale di Leningrado. Esplosione di un serbatoio in cemento armato pieno di gas radioattivi. Nessuna vittima.
6 febbraio 1974. Prima unità della centrale di Leningrado. Esplosione del circuito terziario in seguito a una violenta ebollizione prodotta da shock idraulici. Tre morti. Rilascio nell'ambiente di acque fortemente radioattivecariche di scorie di filtrazione.
ottobre 1975. Prima unità della centrale di )eningrado. Parziale distruzione del nocciolo (fusione locale). Il reattore viene bloccato e, ventiquattr'ore più tardi, la ventilazione rilascia azoto nell'atmosfera. Circa 1,5 milioni di curie di nucleidi altamente radioattivi sono rilasciati nell'ambiente circostante.
1977. Seconda unità della centrale di Bielojarsk. Fusione della metà degli assemblaggi combustibili del nocciolo. I lavori per la rimessa in opera durano quasi un anno e comportano l'irradiamento del personale.
31 dicembre 1978. Seconda unità della centrale di Bielojarsk. Incendio provocato dal crollo della lastra del tetto sulla sala macchine. Il cavo di comando brucia completamente e il reattore è ingovernabile. Otto persone rimangono irradiate mentre cercano di alimentare il reattore con acqua di raffreddamento.
settembre 1982. Parziale fusione del combustibile della prima unità della centrale di Cernobyl in seguito a una maldestra manovra del personale di gestione. Rilasci di materie radioattive nella zona industriale e nella città di Pripyat e irradiamento del personale che lavorava alla rimessa in opera del nocciolo.
ottobre 1982. Esplosione del generatore della prima unità della centrale di Armianskaia (Armenia). La sala macchine brucia. Il personale presente organizza l'alimentazione del reattore con acqua di raffreddamento. Una squadra della centrale di Kolsk giunge in aereo per aiutare gli operatori a salvare il nocciolo.
27 giugno 1985. Incidente nella prima unità della centrale di Balakovo. Durante i lavori di messa in esercizio nella centrale, il regolatore di scarico del pressurizzatore salta e un getto di vapore di una temperatura di 300 gradi fuoriesce nei locali di lavoro del personale. Quattordici morti. L'incidente è stato imputato a errori che hanno suscitato, in un personale di gestione poco sperimentato, una fretta e un nervosismo insoliti.
L'esplosione nucleare di Cernobyl
All'una e ventitre e cinquantotto secondi del 26 aprile 1986, il quarto reattore della centrale nucleare di Cernobyl (entrato in esercizio nel 1983), in Ucraina, esplose: fu il più grave incidente nella storia del nucleare civile.
La fonte più accreditata per conoscere quanto è successo dell'unità 4 della centrale è il rapporto redatto dall'IAEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica) sulla base di un precedente documento redatto da parte dell'Istituto per l'Energia Atomica dell'URSS.
Gli antefatti all'esplosione: il difetto progettuale del reattore
Il reattore della centrale di Cernobyl era del tipo RBMK (nella sigla originale russa) cioè "reattore a grande potenza a canali": (1000 MW), un reattore che funziona con uranio naturale leggermente arricchito (intorno al 2%), moderato a grafite e raffreddato ad acqua leggera. In questo tipo di reattori, i neutroni liberati dalla fissione dei nuclei di U-235 sono rallentati, cioè moderati, dalla grafite allo scopo di mantenere una reazione a catena.
E' interessante notare che refrigeratore (acqua leggera) e moderatore (grafite) in questo tipo di reattori sono diversi. Questa filiera è inoltre priva di cupola di contenimento. La diversità tra moderatore e refrigerante gioca un ruolo di primo piano. Nei reattori a pressione PWR occidentali ad esempio, quando si perde l'acqua di raffreddamento si diminuiscono le reazioni nucleari a catena perchè non vengono più rallentati neutroni: in questo caso le barre di controllo sono un secondo sistema di sicurezza.
Ma quando il moderatore è grafite e si perde l'acqua di raffreddamento, i neutroni continuano ad essere rallentati dalla grafite e le reazioni a catena proseguono indisturbate.
In questo caso è decisivo l'inserimento rapido delle barre di controllo che assorbono neutroni.
Però la velocità di inserimento delle barre dipende dalla fornitura elettrica. Ma la perdita improvvisa di acqua può originare un black-out perchè il calore prodotto dalla fissione nucleare in questo tipo di reattore viene utilizzato per far bollire l'acqua.
Il vapore generato in tal modo aziona le turbine della centrale. Proprio per questo motivo diventa indispensabile un secondo sistema elettrico d'emergenza che controlli separatamente ogni gruppo di barre di controllo (dalle 30 alle 36 per ogni gruppo).
Il corpo di tali reattori RBMK è costituito da circa 2500 blocchi di grafite (oltre 1500 tonnellate), che ha il ruolo di moderatore, all'interno dei quali sono ricavate le aperture nelle quali sono inseriti i canali del combustibile.
Tali canali, in numero di circa 1700, sono costituiti da tubi, all'interno dei quali sono disposti, in due fasci di barre sovrapposti, gli elementi di combustibile che vengono direttamente a contatto con l'acqua refrigerante.
Il sistema di refrigerazione è costituito nel suo insieme da due circuiti indipendenti, funzionanti in parallelo, ognuno in grado di raffreddare una metà del nocciolo. Il reattore RMBK è dotato di un sistema di refrigerazione di emergenza, mentre non è dotato di un sistema di contenimento, ma di un sistema di confinamento compartimento.
Si tratta in pratica di varie stanze che circondano il reattore dentro le quali si sarebbe dovuta espandere la radioattività che l'incidente massimo previsto nel progetto avrebbe rilasciato.
Vi è poi una lentezza esagerata nell'inserimento delle barre di controllo (20 secondi contro meno di 2 secondi di tutti gli altri reattori nucleari al mondo).
Inoltre questi reattori non hanno barre di emergenza ad inserimento rapido. Le barre di controllo, (costituite di carburo di boro), hanno all'estremità una punta in carbonio che, nella fase iniziale di inserzione delle barre, inizia ad aggiungere reattività, invece di diminuirla. La montagna di grafite del moderatore ha la proprietà di infiammarsi all'aria libera con la conseguenza di rendere facile la dispersione nell'atmosfera delle sostanze radioattive che sono a suo contatto. Infine, come accennato, i reattori RMBK non posseggono nè dispositivi di purificazione delle emissioni gassose nè edificio di contenimento: un simile edificio avrebbe almeno, nel peggiore dei casi, diminuito notevolmente e rallentato la fuoriuscita di radioattività nell'ambiente.
Il nocciolo è alto circa 7 metri ed ha un diametro di circa 12 metri. Vi sono 4 pompe di raffreddamento principale, una delle quali è sempre pronta ad essere azionata. Le barre di controllo sono 211.
La più importante caratteristica di questo reattore è di possedere una grande instabilità a basse potenze. Ciò significa che, se la potenza aumenta o il flusso dell'acqua diminuisce, c'è un aumento di produzione del vapore nei canali in cui è contenuto il combustibile, cosicchè i neutroni che saranno stati assorbiti dall'acqua più densa, origineranno ora un numero maggiore di fissioni nel combustibile.
Comunque, all'aumentare della potenza, aumenta la temperatura del combustibile e questo ha l'effetto di ridurre il flusso di neutroni (coefficiente di combustibile negativo).
L'effetto complessivo di queste due opposte caratteristiche varia con il livello di potenza.
Quando si opera normalmente ad alta potenza, predomina l'effetto temperatura, di modo che non hanno luogo escursioni di potenza per eccessivo surriscaldamento.
Ma a potenze più basse, a meno del 20% di quella massima, l'instabilità è dominante ed il reattore diventa propenso ad improvvisi sbalzi di potenza.
Questo sarà il maggior fattore che influirà sull'incidente. Tra l'altro c'è da osservare che non si era previsto un incidente come quello poi accaduto.
Data la grandezza e complessità del reattore si pensava solo a problemi localizzati in qualche barra o tubo. In tal caso si era pensato all'inserimento di barre di controllo intorno al tubo o alla barra danneggiate; in tal modo si fermavano le reazioni da quelle parti; dopodichè sarebbe stato possibile ritirare le parti difettose senza la necessità di fermare il nocciolo del reattore.
Il reattore è stato oggetto di critiche da parte di molti esperti nucleari, ma solo nel 1993, l'IAEA riconobbe qesti numerosi difetti progettuali a questo tipo di reattore.
Proprio per questa sua particolare instabilità si è potuto cancellare l'ipotesi dell'"errore umano" come causa dell'incendio.
Il perchè del test
L'incidente del reattore 4 si verificò durante un test di sicurezza. La squadra responsabile voleva verificare se, nel caso di un calo di potenza, le turbine fossero in grado di produrre energia sufficiente a mantenere in funzione le pompe di raffreddamento fino all'attivazione del generatore diesel d'emergenza.
Sequenza dell'esplosione Primo giorno: 25 Aprile
Ore 1:00 - Il reattore funziona normalmente a piena potenza. La forza motrice del vapore è diretta verso entrambe le turbine dei generatori. Poco alla volta, gli operatori iniziarono a ridurre la potenza per effettuare un test per provare il sistema in condizioni critiche: furono esclusi i sistemi di spegnimento automatico e quelli di raffreddamento di emergenza (dimenticando poi di riattivarli).
Volevano vedere quanto tempo, in caso di interruzione di potenza per un incidente, le turbine avrebbero retto il sistema di raffreddamento d'emergenza.
Ore 13:05 - 14:00 - A dodici ore dall'inizio del processo, il reattore raggiunse una potenza del 50%. A questo punto basta solo una turbina per ricevere la quantità ridotta di vapore, la turbina n.4 viene quindi disattivata.
Con il reattore "rallentato" in attesa dell'arresto, la potenza si abbassò a 1.600 mega watts.
Portando per errore il reattore a una potenza molto inferiore la quella normale, il reattore fu reso instabile. Secondo le normali procedure del test, la potenza del reattore dovrebbe essere ridotta fino al 30%. Tuttavia, le autorità sovietiche che regolano l'elettricità non lo permisero, perchè sembrava che l'energia fosse necessaria altrove.
Il reattore rimane al 50% di potenza per altre 9 ore con i protocolli di sicurezza e i computer disattivati.
Secondo giorno: 26 Aprile
Ore 0:28 am - Il personale di Cernobyl riceve il permesso di riprendere la riduzione di potenza del reattore. Probabilmente uno degli operatori commette un errore e, invece di mantenere la potenza a 30%, si dimentica di ripristinare un combinatore; questo causa un calo di potenza fino all'1%, valore troppo basso per eseguire il test.
La potenza precipita a solo 30MW. Il reattore stava andando fuori controllo.
Ore 1:00 - 1:20 - L'operatore riesce a far risalire la potenza del reattore fino a 7%, rimuovendo quasi tutte le barre di controllo (lasciandone solo 6). Questa fu una violazione alla normale procedura, in quanto il reattore non è in grado di operare a livelli di potenza così bassi e diventa instabile quando il centro della turbina si riempie di acqua.
L'operatore cerca di controllare il flusso di acqua, che viene fatta tornare dalla turbina manualmente; ma la procedura è difficile in quanto piccoli cambiamenti di temperatura possono causare grosse fluttuazioni di potenza.
L'operatore non riesce a correggere il flusso di acqua e di conseguenza, il reattore diventa sempre più instabile.
Ore 1:22 - Credendo che le condizioni siano al massimo della stabilità, gli operatori decidono di iniziare il test. L'operatore blocca l'arresto automatico per bassi livelli di acqua e assenza di entrambe le turbine, temendo che un arresto possa far fallire il test.
ore 1:23 - Ha inizio il test: la rimanente turbina viene disattivata.
Ore 1:23:44 - In quattro secondi e mezzo il livello di potenza all'interno supera di 120 volte la capacità del reattore per un'immissione eccessiva di materiale radioattivo.
La prima esplosione spezzò i tubi di pressione liberando vapore che spinse la copertura di contenimento al di fuori del reattore dall'edificio contenente il reattore.
La seconda esplosione fu causata dal combustibile e dalla grafite all'interno del nocciolo che spinse la lastra di metallo da 2.700 tonnellate che sigillava la sommità del reattore al di fuori di esso, disperdendo nell'atmosfera grafite e altri elementi radioattivi volatili, distrusse la costruzione e causò più di 30 focolai d'incendio.
N.B.: E' bene notare che a Cernobyl non ci fu un'esplosione nucleare con gli associati effetti di onda d'urto e di intensa produzione di neutroni e di radiazioni da fissione. Ma l'esplosione da vapore e il successivo incendio della grafite hanno prodotto comunque l'immissione nell'ambiente di un'enorme quantità di isotopi radioattivi.
L'incendio continua
L'incendio e la fuoriuscita di materiale radioattivo continuarono sino al 2 Maggio. Durante l'esplosione morirono 2 persone, ma subito dopo altre 187 manifestarono sintomi acuti da irraggiamento e di queste 31 morirono nei giorni successivi. Gran parte delle vittime iniziali furono i primi soccorritori, i pompieri che tentarono di domare l'incendio.
Nel reattore c'erano 190 tonnellate di combustibile nucleare. Oltre 35 tonnellate furono proiettate fuori dalla parte nord accumulandosi all'esterno. Altre 135 tonnellate si fusero, colando nella zona inferiore del reattore. Un'altra decina di tonnellate sotto forma di polvere invasero l'interno della centrale, mentre altre 10 tonnellate furono proiettate sotto forma di frammenti fuori da Cernobyl.
Ma esplosione determinò un livello di radiazioni pari a 20 milioni di curie, equivalenti ad un miliardo di giga beckerel (11Ebq) (circa 200 volte superiore a Hiroshima e Nagasaki).
Furono proiettati nell'atmosfera radionuclidi pesanti come l'uranio 235, il Cesio 137 e il Transuranio, ma si dispersero anche isotopi volatili come lo Iodio 131, il Cesio 134-137.
Le unità di intervento I pompieri
I primi ad andare alla centrale nucleare per spegnere l'incendio e quindi interrompere l'emissione di materiale radioattivo furono circa 600 vigili del fuoco che pomparono acqua fredda nel centro del reattore per le prime dieci ore dopo l'incidente.
L'intervento non diede i risultati desiderati e fu quindi abbandonato.
I liquidatori
Tra il 27 aprile e il 5 maggio, più di 30 elicotteri militari sorvolarono il reattore in fiamme sganciando 2.400 tonnellate di piombo e 1.800 tonnellate di sabbia nel tentativo di estinguere il fuoco ed assorbire le radiazioni.
Tutti questi tentativi non solo si rivelarono tuttavia inutili, ma anzi peggiorarono la situazioni per via del calore accumulatosi al di sotto dei materiali scaricati. La temperatura all'interno del reattore aumentò nuovamente con un conseguente aumento della quantità di radiazioni emesse. Alla fine, il reattore venne raffreddato utilizzando azoto.
L'incendio fu domato e le emissioni radioattive messe sotto controllo solo il 6 maggio. Le unità di intervento erano costituite ognuna da un ingegnere, a capo di gruppi di 10 ingegneri, ciascuno dei quali coordinava 100 operai che spesso senza alcuna protezione o solo con delle maschere antipolvere venivano mandati a spalare la grafite altamente radioattiva.
Ma chi erano questi uomini?
Venivano chiamati "liquidatori" ed erano uomini provenienti da tutta l'ex Unione Sovietica ed impiegati, a scaglioni, per spegnere ed arginare l'esplosione, in pratica per "liquidare" le conseguenze dell'incidente: ripulire la centrale (rimuovevano con delle pale la grafite accumulatasi sopra la centrale: venivano chiamati per questo "cicogne"), i villaggi e le strade, spostare con le loro braccia il materiale contaminato, seppellire con le pale quintali di scorie e materiale radioattivo, di lavare con getti d'acqua la struttura della centrale, i palazzi di Pripyat e le case dei villaggi inizialmente, successivamente gli venne dato il compito di interrare intere città.
I primi che intervennero nella centrale si alternarono a turni di 40 secondi, sprovvisti di protezioni ed attrezzatura, per spostare con le mani pezzi di grafite che emanavano, in un secondo e mezzo, la dose che una persona accumula in una vita intera in condizioni naturali.
Furono circa 800.000 persone fra militari e civili, e molti tra loro erano volontari ed anche donne.
L'URSS inviò poi dei robot in grado di, una volta posti sul tetto della centrale o nei suoi pressi, di spalare la grafite e le polveri radioattive. Queste macchine però non furono ampiamente utilizzate perchè dopo pochi giorni erano rese fuori uso dalla alta radioattività presente.
Gli effetti delle radiazioni sugli uomini delle unità d!intervento I 600 uomini del servizio antincendio dell'impianto e la squadra operativa impiegata nelle operazioni antincendio furono i più gravemente contaminati dalle radiazioni.
Tra di essi, 134 ricevettero dosi di radiazioni comprese tra 0,7 e 13 sievert (Sv).
Questo significa che, in poche ore, essi furono esposti ad un livello di radiazione 13.000 volte superiore a 1millisievert e questo è particolarmente significativo, se si pensa che nell'Unione Europea, 1 millisievert per anno rappresenta la dose massima effettiva a cui possono essere esposti gli individui che risiedono nei pressi di una centrale nucleare.
31 operai morirono poco dopo la tragedia. In tutto, 800.000 uomini furono coinvolti nelle operazioni di pulizia di Cernobyl fino al 1989. Essi risentono ancora oggi dei danni alla salute provocati dalle radiazioni. Si ritiene infatti, che tra questi individui, 300.000 furono esposti a dosi di radiazioni superiori a 0,5 Sv.
Il numero di persone morte a causa degli effetti rimane una questione controversa.
Tanti morirono subito, altri successivamente tra atroci sofferenze.
Per altri ancora, circa 400.000, è cominciato il calvario fra un ospedale e l'altro alle prese con le più svariate patologie tumorali e da immunodeficienza.
L'importante sacrificio di pompieri e liquidatori Il 26 aprile 1986 era una giornata di sole.
Era sabato.
In pochi minuti è cambiato lil destino di milioni di persone. E' occorsa una settimana perchè si avesse consapevolezza che Cernobyl era un problema del mondo intiero.
E' difficile, ora, immaginare quali sarebbero state le conseguenze se i liquidatori non si fossero sacrificati per spegnere e ricoprire il reattore esploso.
Tanti i morti subito, tantissimi successivamente di morte atroce.
Tantissimi gli ammalati in maniera grave, il codice genetico di migliaia di persone minacciato.
Le prime vittime che sono sepolte a Mosca, si sono trasformate in pezzi di grafite.
Il luogo delle loro sepolture è diventato un altro reattore. Sulla sorte di queste persone i cosiddetti "liquidatori" i dati sono discordanti: la stima più vicina alla realtà parla di 10.000 deceduti ed oltre 400.000 affetti da varie patologie, mentre secondo quanto emerso dal congresso internazionale EC/CIS a Minsk nel '96, ne sarebbero decaduti 43 e 134 sarebbero colpiti da patologie da irraggiamento.
Il fall-out radioattivo
Il fall-out radioattivo, ossia il fenomeno che consiste nella ricaduta (in inglese fallout) al suolo di particelle radioattive rilasciate nell'atmosfera in seguito a esplosioni atomiche o fuoriuscite da centrali nucleari, interessò dapprima le regioni più prossime alla centrale, causando una significativa contaminazione dei territori della Ucraina, della Bielorussia e della Russia, e l'irraggiamento della popolazione che abitava nelle immediate vicinanze della centrale (120.000 persone); il 27 e 28 aprile masse di aria radioattiva raggiunsero anche i Paesi Scandinavi.
Il 28-29 aprile, la nube radioattiva fu divisa in due parti da una corrente d'aria fredda che andava da ovest ad est, parte si diresse quindi a nord-est e l'altra verso i territori della Polonia e della Germania.
Dal 30 aprile al 1 maggio la nube radioattiva arrivò nel nord della Grecia ed in Italia, Svizzera, Austria occidentale e Cecoslovacchia dove fu registrato un notevole incremento del livello radioattivo.
I giorni successivi si diffuse a nord-ovest e sud-est dell'Europa.
Contemporaneamente fu registrato un aumento del livello di radioattività di fondo in Gran Bretagna, Belgio, Irlanda e nelle regioni a sud-ovest della Francia.
Nell'Europa sud-orientale l'impatto dell'esplosione di Cernobyl si sentì maggiormente tra il 3 e il 5 maggio; il fall-out radioattivo massimo in quel periodo si registrò in Grecia, Jugoslavia, Italia, Turchia, Albania.
Tra il 6 e l'8 maggio il fall-out si spostò anche molto lontano dal luogo dell'incidente, si registrarono infatti aumenti dei livelli della radioattività di fondo anche in Cina, Giappone,India,Canada,USA.
Ma nonostante il fall-out radioattivo abbia interessato anche regioni geograficamente molto lontane da Cernobyl, il 70% della radioattività rilasciata dallo scoppio del reattore si è abbattuta sulla Bielorussia.
L'AIEA ha calcolato che l'incidente di Cernobyl ha rilasciato radiazioni 400 volte superiori a quelle della bomba sganciata su Hiroshima ma ha rilasciato radiazioni da 100 a 1000 volte inferiori a quelle causate dai test di armi nucleari effettuati a metà del XX secolo.
Le conseguenze sulla centrale Uno spegnimento progressivo
Lo spegnimento della centrale è stato progressivo e ha chiesto complessi negoziati tra Europa e Ucraina. Ecco le tappe:
- subito dopo l'incidente era stata interrotta la costruzione dei reattori numero 5 e 6;
- il reattore numero 2 è stato messo fuori servizio dopo un incendio avvenuto nel 1991;
- il reattore numero 1, entrato in servizio nel settembre 1977, è stato spento nel novembre 1996;
- il reattore numero 3, dopo varie fasi di controllo e manutenzione è stato definitivamente arrestato il 15 dicembre 2000.
Il lento sprofondamento del reattore 4 e la scelta del sarcofago
Il tetto superiore (Elena) di circa 2.700 tonnellate che costituiva la struttura di protezione e di collegamento di tutte le varie parti del reattore, si è come afflosciato su sè stesso e, con il resto della struttura in cemento armato, è rimasto quasi verticale, provocando lo sprofondamento della base del reattore di 4 metri rispetto la sua posizione iniziale.
Il magma incandescente, costituito di materiali ferrosi, cemento armato, combustibile nucleare e gas è stato quindi eruttato in atmosfera andandosi a depositare su tutti i locali della centrale e sul territorio circostante.
Delle 18 proposte fatte per isolare il reattore venne scelta quella del "Sarcofago", una specie di piramide a copertura delle macerie. Vennero utilizzate oltre 300.000 tonnellate di cemento ed oltre 100.000 tonnellate di strutture metalliche.
Il terreno circostante venne ricoperto con altri 100.000 metri quadrati di cemento nel tentativo di ridurne la radioattività.
Conseguenza di tutto ciò è che il peso di questa mastodontica struttura si è moltiplicato ed oggi questo soprappeso grava sulle fondamenta che da 20tRm (si è giunti sino ai 200 tRm), provocando così un progressivo abbassamento del terreno U che poggi su materiale argilloso che ormai si è abbassato di 4m.
Sino al 2000 un programma inefficiente
Ma sino al 2000 arrivavano notizie dall'Ucraina molto drammatiche circa il sarcofago di cemento armato che racchiudeva il reattore esploso. Infatti, il lento sprofondamento determinò in più parti del sarcofago una superficie di crepe e buchi per 1000m, dai quali fuoriuscivano polveri, acqua e gas radioattivi. Sul tetto del sarcofago furono individuate alcune zone critiche e 29 pericolose, vulnerabili anche a piccole scosse telluriche, a forti tempeste ed altri fenomeni naturali.
Il pericolo imminente fu per molto tempo, il possibile crollo del tetto all'interno del sarcofago che avrebbe determinato l'ulteriore depressione del terreno con conseguente pericolo di incidente al reattore vicino, il numero 3, chiuso fortunatamente il 15 dicembre 2000 ma sino a quel momento funzionante.
Questo avrebbe messo in pericolo e allo scoperto quantità enorme di polveri e combustibile nucleare. Inoltre il tetto che copriva l'unità quattro non era a tenuta, entrava la pioggia e l'acqua scivolando sul combustibile radioattivo che da massa vetrosa stava diventando friabile.
I sali radioattivi si sono sciolti nell'acqua che poi è colata nelle falde acquifere.
Secondo uno studio condotto da ricercatori ucraini, quasi quattro milioni di litri di acqua si sono infiltrati nel sarcofago. Con una possibile conseguenza: l'infiltrazione di una "sensibile quantità di stronzio radioattivo" (parole del Professor Vadim !oudzenko di Kiev) nel fiume Pripyat che passa vicino a Cernobyl e fornisce parte dell'acqua potabile della capitale Ucraina.
Oggi per Cernobyl: 2 programmi distinti
Oggi per Cernobyl sono stati definiti 2 programmi distinti: lo smantellamento della centrale (con opere di contenimento e il trattamento di combustibili e rifiuti radioattivi) che è già in corso, e la costruzione di un nuovo sarcofago.
Quest'ultima opera dovrà essere conclusa entro il 2007, racchiuderà il sarcofago attuale e dovrebbe durare almeno 100 anni.
I costi stimati sono di 760 milioni di dollari, 710 a carico della Banca Europea e 50 a carico dell'Ucraina.
Impatto a lungo termine L'impatto ambientale: l'area contaminata
Subito dopo l'incidente la principale preoccupazione derivò dalla presenza nell'area di iodio-131, un isotopo radioattivo dall'emivita di 8 giorni.
Ora le preoccupazioni si concentrano sulla contaminazione del suolo con stronzio-90 e Cesio-137, che hanno un tempo di dimezzamento di circa 30 anni.
I più alti valori di cesio-137 si trovano sugli stati superficiali del terreno, da dove vengono assorbiti da piante e funghi che e quindi entrano nella catena alimentare locale.
Test recenti hanno dimostrato che il livello di cesio-137 negli alberi continua a crescere. La principale fonte di eliminazione sarà il degrado naturale del cesio-137 nel più stabile bario-137.
Secondo gli scienziati sovietici convenuti alla Prima Conferenza Internazionale sugli aspetti radiologici e biologici dell' incidente di Cernobyl (settembre del 1990), i livelli di fallout nell' area compresa nel raggio di 10 km dall' impianto furono registrati fino a 4,81 GBq/m².
La cosiddetta "foresta rossa" di pini uccisi dalle radiazioni si trova immediatamente dietro l'impianto. La "foresta rossa" ricopriva circa 4 km²; solo i pini morirono mentre le betulle e i pioppi sopravvissero. La "foresta rossa" è stata così soprannominata perchè gli evacuati riportarono che nei giorni seguenti al disastro gli alberi diventarono rossi, probabilmente a causa del massiccio fallout radioattivo.
Le dimensioni del disastro sono tuttora enormi: l'area ufficialmente contaminata copre 145.000 km² (circa il doppio dell'Irlanda) che è la casa di oltre dieci milioni di persone di Ucraina, Bielorussia e Russia.
In Ucraina sono oltre 35.000 km quadrati ad avere livelli di radioattività di Cesio 137 superiori ad 1 Curie per Km quadrato (più del 5% dell'intero territorio) e la maggior parte (26mila km2) è costituito da terreno agricolo.
L'area compresa in un raggio di 30 km dalla centrale di Cernobyl è pressochè disabitata e oltre 60 insediamenti abitativi, per un totale di 167mila persone, all'esterno di essa sono stati evacuati. Nel raggio dei 30 km intorno al reattore vi sono circa 800 siti di seppellimento di scorie e macerie, allestiti in totale stato di emergenza, quindi senza particolari sistemi di protezione, se non uno strato di argilla.
Queste discariche radioattive potrebbero essere responsabili degli elevati livelli di contaminazione dei sedimenti del fiume Dnepr e del suo affluente Pripjat, che forniscono acqua a 30 milioni di persone.
In Ucraina ed in Bielorussia, più di 250.000 persone sono state costrette all'evacuazione perdendo casa, i beni ed il lavoro insieme ai loro legami economici, sociali e familiari.
La Bielorussia in cui si è riversato il 70% del fall-out radioattivo, presenta il 23% del suo territorio con un livello di contaminazione superiori ad 1 Cu/kmq e fra questi 16.000 sopra i 5CuRkm( addirittura 2.200sopra i 40CuRkm(% la regione più colpita è stata quella del Gomel.
La ricerca del livello e della natura della contaminazione radioattiva dell'intera area evidenzia che il pericolo della contaminazione non è dovuto solo alla quantità di radioisotopi rilasciati dal fall-out, ma dipende considerevolmente dalla struttura chimica e quindi dalla capacità di penetrazione di tali isotopi negli strati superficiali del suolo.
Ciò determina conseguentemente la loro mobilità e capacità di ridistribuzione nel terreno, nelle acque superficiali e profonde, nelle piante e quindi nell'intera catena biologica.
Il 20% del territorio boschivo (1,3 milioni di ettari) della Bielorussia risulta contaminato; circa 257.000 ettari di terreno agricolo delle ragioni di !omel e di 9ogilev sono inutilizzabili per l'agricoltura.
La produttività agricola e l'allevamento del bestiame hanno subito ingenti danni le risultano tuttora insufficienti per il fabbisogno interno. Il danno economico viene stimato in oltre 200 miliardi di dollari.
L'impatto sull'uomo: la situazione sanitaria
La prolungata permanenza delle particelle radioattive nella stratosfera fa sì che gli isotopi radioattivi con un tempo di dimezzamento relativamente breve decadano prima di ricadere a terra.
Lo stesso discorso vale per alcuni dei radioisotopi sollevati e trasportati fino nella troposfera. Tale processo contribuisce a diminuire in qualche misura la radioattività delle ricadute e, quindi, la dose di radiazioni assorbita dagli organismi esposti al fall-out.
I radioisotopi con un tempo di dimezzamento relativamente lungo, all'opposto, possono conservare intatta la propria radioattività fino al momento in cui ricadono sulla superficie del pianeta e continuano, quindi, a rappresentare una minaccia per la salute dell'uomo e dell'ambiente per parecchi anni, anche perchè possono entrare, ancora attivi, nelle catene alimentari e contaminare i cibi.
A seguito dell'incidente e del successivo incendio della centrale di Cernobyl, furono liberati isotopi radioattivi per un'attività totale pari a 11 EBq.
Fra i principali radionuclidi liberati, quelli aventi maggior impatto biologico noto lerano rappresentati da:
- iodio (I-131, I-132, I-134, I-135)
- Cesio (Cs-134, Cs-137)
- Stronzio (Sr-89, Sr-90).
La fuoriuscita di questi radioisotopi dai locali del reattore non si verificò tutta al momento della esplosione, ma si protrasse nel tempo sotto forma di gas, di vapori, di polveri grazie all'azione del fall-out radioattivo.
Le particelle di maggiori dimensioni ricaddero in un raggio di circa 100 Km dalla centrale, provocando la maggior parte delle vittime, mentre i gas, le polveri più sottili sotto forma di "nube" vennero trasportati dalle correnti in varie parti del globo, praticamente risparmiando solo l'emisfero australe, per poi ricadere al suolo con le precipitazioni e con una dispersione estremamente disomogenea, anche in zone limitrofe.
Lo Iodio 131 e la tiroidite
Pur avendo un tempo di dimezzamento di appena otto giorni, lo Iodio 131 è uno degli isotopi radioattivi potenzialmente più dannosi, infatti, per quanto riguarda gli organi maggiormente esposti a rischio, quello che fino ad oggi è stato più studiato perchè con sicurezza ha rivelato le conseguenze del disastro di Cernobyl, è la tiroide.
Il motivo di ciò si deve a due ragioni:
1. Poco dopo una fuoriuscita accidentale di materiali radioattivi da una centrale nucleare, lo iodio si deposita sull'erba; questa viene brucata da ovini e bovini e finisce, quindi, con il contaminarne il latte e i prodotti che ne derivano. Dato che il latte viene consumato nel giro di pochi giorni dalla mungitura, la popolazione corre il rischio di ingerire quantità considerevoli di iodio 131 che, concentrandosi nella tiroide, può dare origine a tumori della tiroide dove viene normalmente assorbito per formare ormoni tiroidei.
Quindi fra le famiglie di isotopi liberati, lo iodio è stato a Cernobyl fra i più rilevanti in termini di quantità.
2. il secondo motivo, legato al primo, è rappresentato dalla carenza di iodio di cui soffrono praticamente tutti i paesi colpiti dal fall-out, ivi compresa l'Italia. Pertanto è facile immaginare che le tiroidi di queste persone abbiano avidamente assorbito lo iodio radioattivo presente nell'atmosfera, sul suolo e negli alimenti.
Per questo motivo queste popolazioni sono state sottoposte ad un rischio maggiore rispetto ad altre popolazioni, ugualmente interessate dal fall-out, ma che, vivendo in paesi dove la carenza di iodio viene compensata da una regolare, hanno avuto minore possibilità di assorbire lo iodio radioattivo.
Secondo alcuni autori, infatti, la cura all'insufficienza iodica riduce il rischio dei tumori tiroidei nella popolazione esposta.
La Bielorussia: la zona più colpita
La zona maggiormente colpita riguarda la Bielorussia, che assorbito il 70% del fall-out radioattivo.
Qui il tasso di natalità è diminuito del 50%, vi è un forte aumento dei casi di cancro tiroideo tra i bambini, nella zona più contaminata fino a cento volte e sono cancri tremendamente invasivi per il 95% dei casi. In Bielorussia l'incidenza del cancro alla tiroide è aumentata da 0,3 a 11 casi ogni 100.000 abitanti, arrivando nel 1997 ad un totale di 574 casi tra i bambini rispetto agli 8 casi registrati tra il 1974 e il 1985 (cioè prima dell' incidente).
L'aumento delle malattie
Le malattie da radiazioni non sono mai state censite sistematicamente nella popolazione del luogo. Le nubi hanno trasportato residui di fissione che sono ricaduti al suolo, disseminati a macchia di leopardo. Il totale delle vittime del disastro, tra morti e feriti, per cause dirette e indirette, viene stimato dalle autorità dei paesi ex sovietici più colpiti in 3,2 milioni di persone, un terzo bambini.
Gli effetti delle radiazioni, si fanno sentire a distanza d'anni. All'indomani dell'incidente 800.000 furono i "liquidatori" e secondo dati ufficiali bielorussi ed ucraini circa 400.000 di essi sono stati affetti e lo sono ancora da patologie quali: l'ipertensione è aumentata di 7,5 volte, l'asma di 2,2 volte, le malattie gastroenteriche di 12 volte, le cardiopatie di 3,3 volte, per non parlare delle patologie tiroidee e di un abbassamento delle difese immunitarie dell'organismo.
Al di là degli effetti dovuti all'irraggiamento determinatasi nelle immediate vicinanze del reattore e che hanno interessato la popolazione che abitava nei dintorni della centrale, il fall-out verificatosi a distanza di migliaia di chilometri dal luogo dell'incidente pone problemi relativi alle azioni lesive dovute ad un accumulo generalizzato in tutto l'organismo (come il cesio) o selettivo d'organo (tiroide per lo Iodio, ossa per lo Stronzio).
L'aumento di tumori
Dal 1986 al 1995 il cancro ai polmoni è passato da 6 a 7,5 casi su 100.000 persone; il tumore alla vescica da 5,5 a 10,7 casi su 100.000 persone; il tumore ai reni presenta un incremento di 2,5 volte, la leucemia da 9,34 la 11,62 su 100.000 bambini per 7 anni.
Assistiamo inoltre ad un incremento delle malattie gastroenteriche, cardiocircolatorie e respiratorie. Circa il 50% dei bambini delle regioni di Gomel e di Moghilev presentano immunodeficienze secondarie.
Un aumento vertiginoso delle malattie gravi e potenzialmente mortali (cancri) che provoca un aumento della mortalità complessiva oggi prossima al 14 per mille.
Oggi: la grave crisi economica e sociale
A questo quadro già di per sè drammatico si aggiunge la grave crisi economica le sociale che affligge i paesi dell'est. La conferma giunge dal rapporto Unicef sui bambini dell'Est patrocinato dalla Regione Toscana. L' indagine copre 18 paesi e i livelli peggiori degli indicatori considerati (povertà, degrado ambientale, mortalità, situazione sanitaria, criminalità) sono concentrati nelle nazioni colpite dalla catastrofe di Cernobyl.
Dopo il 1989 i tassi di povertà infantile nell'Est europeo sono aumentati del 150% rispetto ai tassi globali di povertà, nella sola Russia il 27% della popolazione vive in condizioni di povertà, mentre in Ucraina 23 milioni di persone vivono sotto i livelli di sussistenza. Non migliore la situazione sanitaria. In Ucraina ed in Russia è aumenta la mortalità infantile. Nell'Est 700.000 bambini tra il 1990 ed 1995 hanno perso precocemente un genitore. In questi paesi la perdita precoce di un genitore significa correre gravi rischi: sottonutrizione, rischio di incorrere in malattie, ricoveri in Istituti. In tutta l'area dell'Est europeo si stima che i due terzi dei tossicodipendenti hanno meno di 30 anni, in Ucraina censiti 20 mila minori tossicodipendenti.